FAIRBAIRN


Psicologo scozzese (1889 - 1964)

  • LE RELAZIONI OGGETTUALI

Il pensiero di Fairbairn costituisce un’importante evoluzione della teoria delle relazioni oggettuali.

Egli, come anche la Klein e Sullivan, ha evidenziato l’importanza degli oggetti interni nella struttura della personalità.

I pazienti parlano continuamente delle persone che li circondano e da ciò si può dedurre quanto siano importanti le relazioni nell’economia psichica di tutti. Ma oltre alle relazioni così come vengono raccontate dai pazienti, nel corso della terapia analitica emerge un mondo relazionale con oggetti interiorizzati, nel senso che l’altro scompare nella sua alterità per esistere solo come dimensione interna.

In genere vi è un accordo comune nel considerare gli “oggetti interni” come residui di relazioni con persone significative della vita. L’oggetto interno è definibile come una sorta di “altro internalizzato”, anche se ancora non si conoscono i meccanismi psicologici che ne determinano la formazione.

La prima definizione di oggetto risale a Freud il quale aveva parlato in “Tre saggi sulla teoria sessuale” dell’oggetto sessuale inteso come la persona verso la quale è diretta la pulsione sessuale; l’oggetto quindi è strettamente correlato alla pulsione, essendo tra l’altro una delle 4 proprietà che la definiscono (spinta, fonte, meta e oggetto). In generale secondo Freud l’oggetto è ciò in relazione a cui o per mezzo del quale la pulsione raggiunge la sua meta (soddisfacimento); è l’elemento più variabile della pulsione, non è originariamente connesso ad essa e le viene assegnato soltanto in relazione alla sua capacità di rendere possibile il raggiungimento della meta (nel caso delle zone erogene esse sono oggetti parziali).

Prendendo le mosse da tale concezione di oggetto, molti autori hanno dato vita a modelli che se ne differenziano; possiamo individuare 2 tipi di modelli teorici: Il modello strutturale delle relazioni in cui si slega completamente la nozione d’oggetto da quella di pulsione (Fairbairn, Guntrip), ed in cui si privilegia l’aspetto relazionale; e il  modello strutturale delle pulsioni in cui viene mantenuto il legame con le pulsioni, privilegiando l’aspetto istintuale.

Riguardo  all’espressione “relazione oggettuale” noi prendiamo la definizione di Greenberg e Mitchell: “Il termine si riferisce alle interazioni degli individui con altre persone esterne e interne (reali e immaginarie) e alle relazioni tra i loro mondi oggettuali esterni e interni”.

Tale definizione slega l’oggetto dalla pulsione sessuale: esso quindi può rappresentare tanto una persona reale quanto un’immagine interna che da essa ha preso forma.

  • TEORIA DELLA LIBIDO

 Fairbairn mette in discussione l’assunto freudiano in base al quale la libido è primariamente ricerca di piacere; la vera meta delle pulsioni non è il raggiungimento del piacere, ma l’instaurazione di relazioni soddisfacenti con gli oggetti: è l’oggetto la vera meta libidica. La libido quindi non è ricerca di piacere ma è ricerca di oggetto. La principale caratteristica dell’energia libidica è proprio la qualità della ricerca oggettuale; il piacere non è l’obbiettivo finale dell’impulso, ma un mezzo per raggiungere il suo vero fine, la relazione con l’altro.

Quindi, la zona erogena non è più la fonte di una tensione che deve essere alleviata, ma è la parte del corpo più appropriata a mediare il contatto con l’altro, per instaurare una relazione di piacere reciproco.

Ciò che è veramente patologico è la perdita di tale fine (relazione oggettuale): la pura ricerca del piacere riflette un deterioramento del funzionamento libidico naturale.

Secondo Freud il bambino si pone in relazione agli altri per il fatto che essi riducono le sue tensioni istintuali, sono cioè gli oggetti della pulsione attraverso i quali raggiungere la meta o il soddisfacimento. Invece per Fairbairn siamo spinti verso le relazioni con gli altri sin dalla nascita, e tale spinta affonda le sue radici in motivazioni biologiche e filogenetiche. Infatti, a causa della perdita, durante lo sviluppo filogenetico della specie umana, di gran parte degli schemi istintuali, il bambino è costretto a “riapprendere” come entrare in contatto con la madre, cioè non è l’istinto a gestire tale relazione. Tuttavia la necessità di entrarvi, rende lo stabilirsi di tale relazione una meta, un fine libidico appunto. Da questi schemi primitivi si svilupperanno poi le relazioni sociali.

Da tali presupposti, le patologie derivano da disturbi nel rapporto con gli altri, e il processo analitico non mira più a risolvere un conflitto inconscio tra pulsioni alla ricerca di soddisfacimento (piacere), ma a ripristinare le capacità relazionali dell’individuo.

  • STRUTTURA PSICHICA

Alla base della struttura psichica Fairbairn pone un Io unitario e integrato, con una propria energia libidica, che non deriva da quella pulsionale dell’Es e che è presente sin dalla nascita. Tale Io unitario, per effetto di relazioni insoddisfacenti può frammentarsi dando così origine alla psicopatologia. Se le relazioni sono soddisfacenti l’Io rimarrà integrato e intero.

La scissione dell’Io quindi deriva da relazioni oggettuali (madre) insoddisfacenti che rendono necessario che l’Io costruisca oggetti interni compensatori ai quali rimarranno legate diverse parti scisse dall’originario Io integro.

Più precisamente Fairbairn distingue tre tipi di oggetti internalizzati, ciascuno legato ad una specifica parte dell’Io, a cui l’autore dà un nome:

1 - oggetto ideale = aspetti gratificanti della madre à legato all’Io centrale = usato per relazionarsi con le persone reali.

2 - oggetto eccitante = aspetti allettanti della madre à legato all’Io libidico

3 - oggetto rifiutante = aspetti deprivanti della madre à legato all’Io antilibidico o sabotatore interno, che rappresenta quella parte dell’Io che, non gratificata dagli allettamenti della madre, si identifica con le sue caratteristiche rifiutanti e deprivanti.

Da ciò deriva che Io e oggetto sono inseparabili.

Mentre nel modello freudiano il conflitto psichico si verifica tra le tre istanze Es, Io e Super-Io, nel modello di Fairbairn è tra le unità relazionali, costituite in parte dall’Io e in parte dagli oggetti interni.

  • CRITICA

Negli altri sistemi teorici l’Io integrato è sempre inteso come una conquista dello sviluppo, Fairbairn lo ipotizza invece già integrato sin dalla nascita e fa derivare le patologie alle scissioni dovute a relazioni oggettuali insoddisfacenti. Ci si può chiedere come fa un Io integrato sin dalla nascita a dar luogo all’evoluzione psicologica, che necessita di un’integrazione di vari aspetti della personalità. Inoltre la scissione non è necessariamente un qualcosa di negativo: scissione interiore vuol dire anche conflitto e confronto che arricchiscono la personalità.

  • PSICOPATOLOGIA

Per F. la psicopatologia deriva dalla scissione dell’Io in libidico, antilibidico e centrale.

Se la relazione con i genitori è insoddisfacente, il bambino prende su di Sé il peso della malvagità che sembra insita in tali oggetti esterni e cioè interiorizza gli oggetti cattivi. In tal modo libera i primi dalla loro malvagità in cambio di quel senso di sicurezza che solo degli oggetti buoni, alleggeriti della loro malvagità, possono fornire. Tale sicurezza esterna viene acquisita al prezzo dell’insicurezza interna che si manifesta con la formazione di persecutori interni contro i quali il bambino eleva delle difese.

Fairbairn così spiega anche il fenomeno della coazione a ripetere; è tipico dei nevrotici e degli schizofrenici, scegliersi ripetutamente nel corso della vita oggetti d’amore insensibili e sadici oppure fare in modo di non essere amati da loro. E’come se tali individui si aggrappassero masochisticamente ad esperienze di dolore; è tale ostinazione masochistica alla base della coazione a ripetere.

Riguardo alle origini di tale ostinazione masochistica, Fairbairn la spiega così: il bambino ha bisogno degli altri e quando riesce a stabilire soltanto relazioni insoddisfacenti, egli fonda il rapporto su una base masochistica: prende su di sé la malvagità dell’oggetto insoddisfacente per proteggere gli aspetti gratificanti di tale relazione.

Inoltre, quanto più insoddisfacente è il rapporto con il genitore reale, tanto più forte sarà l’attaccamento del bambino ad esso; attraverso l’attaccamento il bambino continua a sperare in un contatto futuro più soddisfacente.

Tale modalità relazionale si ripresenta successivamente e si manifesta in particolari comportamenti nevrotici e scelte oggettuali. Gli oggetti d’amore sono scelti in modo da personificare l’oggetto eccitante, quello promettente ma mai appagante. Ogni volta il fallimento della relazione è orchestrato per perpetuare la brama nostalgica e inappagata del soddisfacimento dei bisogni frustrati dall’oggetto eccitante. La continua ripetizione della sofferenza e della sconfitta è una forma di rinnovamento di tali antichi legami.

 

 

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