D.WINNICOTT


  • RAPPORTO CON LA KLEIN E DISTACCO

Dopo aver fatto l’analisi didattica con la Klein, Winnicott rielaborò la teoria di quest’ultima in modo personale, criticando quest’ultima per il fatto che non avesse dato la giusta rilevanza sull’influenza, nello psichismo infantile, della madre reale e dei suoi effettivi comportamenti.

W. sostiene infatti che il seno buono non è da considerarsi come una “cosa”, ma come un nome dato alla presentazione del seno (o del poppatoio) e cioè ad un comportamento eseguito dalla madre reale che può essere attuato sufficientemente bene solo se essa si trova in uno stato di preoccupazione primaria e cioè in quel particolare stato di sensibilità in cui la madre si identifica totalmente con il proprio bambino; è in questo che consiste la “bontà” del “seno buono”. Infatti per W., il solo avere una cosa (come il seno) non significa niente per il bambino: esso assume significato nel modo in cui viene presentato dalla madre.

  • WINNICOTT E FREUD

 Freud, nello sviluppo della personalità, pone l’accento su una vita istintuale constatabile anche in assenza dell’oggetto, Winnicott  pone l’accento sulla relazione madre-bambino.

  • CONCEZIONE DI WINNICOTT

 L’estrema dipendenza dalla figura femminile materna (madre, sorelle, balia) che caratterizzò la sua esperienza personale e l’abbandono vissuto diventano per lui modelli concettuali con i quali leggere lo sviluppo infantile. Il bambino all’inizio si trova in una condizione di totale dipendenza; in seguito vive l’esperienza dolorosa e distruttiva dell’abbandono, abbandono che non consiste nell’abbandono reale da parte del genitore (evento raro), ma una percezione soggettiva. Tutti i bambini infatti, giunti ad un certo livello di maturazione, vivono quest’esperienza che quindi è universale.

Anche nella vita adulta l’esperienza d’abbandono si ripresenta: una piccola mancanza da parte di chi amiamo, una telefonata non fatta, e la sensazione di essere stati abbandonati riemerge in tutta la sua forza.

L’esperienza dell’abbandono è necessaria a crescere e a sviluppare la consapevolezza di essere soli. Il divenire adulti consiste proprio nell’acquisizione della capacità di sperimentare la solitudine ed accettarla emotivamente e di sciogliere quei legami che impediscono un’autonomia emotiva. Affinché ciò sia possibile è necessario sviluppare una madre interiorizzata (oggetto interno) che ci abbracci nei momenti più difficili e cioè che svolga la funzione contenitrice svolta inizialmente nell’infanzia dalla madre reale: dobbiamo cioè sviluppare la capacità di contenerci dall’interno. Senza questa capacità non è possibile resistere all’impatto degli eventi negativi che si verificano nella vita e non è neanche possibile esprimere il proprio mondo interno.

  • PSICOTERAPIA

 Su questa base W. sostiene che compito dell’analista sia quello di aiutare il paziente a sviluppare tale dimensione interna e cioè ad introiettare un’immagine materna positiva che abbia la funzione di contenimento e che quindi sia in grado di abbracciarlo e sostenerlo nei momenti difficili. La guarigione consiste quindi nell’avvenuta introiezione di tale immagine interna positiva e contenitrice.

  • LO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’

Alla nascita il neonato si trova in uno stato di “non-integrazione” in cui non vi è differenziazione tra Io e non-Io. Nei primissimi stadi l’infante e le cure materne si appartengono reciprocamente.

Madre e figlio cioè si trovano in uno stato simbiotico ed il bambino si trova in uno stato di dipendenza assoluta da essa. Le cure materne fisiche e cioè il contatto fisico madre-bambino (carezze, abbracci, tenere in braccio il bambino), svolge una funzione di vitale importanza, quella di contenimento psicologico delle parti scisse della personalità del bambino. In queste precocissime fasi dello sviluppo le cure fisiche sono quindi cure psicologiche. Anche nel rapporto tra adulti l’abbraccio continua a svolgere una funzione psicologica contenitrice nei momenti difficili; tale gesto automatico affonda le sue radici nel rapporto primario.

Tale funzione di contenimento è svolta dalla madre in maniera empatica: la madre cioè sviluppa un atteggiamento che W. chiama “preoccupazione materna primaria” in cui essa, attraverso la propria identificazione con l’infante sa empaticamente cosa egli sente e di cosa ha bisogno: il contenimento infatti trova la sua massima espressione nel tenere in braccio il bambino e nel cogliere i suoi bisogni specifici senza che questi sia in grado di mandare segnali adeguati per il loro soddisfacimento.

La fine graduale del rapporto simbiotico avviene nel momento in cui il neonato comincia a mandare dei segnali specifici che indicano alla madre la necessità di trasformare il rapporto e che ella saprà cogliere se ha sviluppato una “preoccupazione materna primaria”.

Quindi nelle prime fasi della sua vita il bambino è in rapporto con oggetti parziali come il seno e solo in seguito la graduale integrazione della personalità gli consentirà di cogliere l’oggetto parziale seno come una parte di una persona intera. All’inizio il bambino vive l’illusione che il seno sia una sua parte: compito della madre è disilludere gradualmente il bambino, e ciò si verifica nella fase dello svezzamento.

Nel passaggio dall’illusione alla disillusione si colloca quella che W. definisce “area intermedia” in cui si verificano i “fenomeni transizionali” ed in cui si ha la formazione dell’ “oggetto transizionale”.

  • OGGETTO TRANSIZIONALE

Con tale termine W. indica un oggetto (come un bambolotto di pezza) che rappresenta la transizione del bambino da uno stato di fusione ad uno stato di rapporto con la madre come persona, dall’illusione che il seno sia una parte di sé alla dissillusione. L’oggetto transizionale infatti non è sotto il controllo magico ed onnipotente del bambino come l’oggetto parziale “seno”, ma non è neanche del tutto fuori dal suo controllo come l’oggetto totale “madre reale”. Tale oggetto svolge una funzione di contenimento tanto che il bambino non se ne separa mai, pena l’angoscia.

Nel corso dello svezzamento il bambino “sano” perviene alla posizione depressiva che si stabilizza intorno al primo anno e mezzo di vita. E’ in questo periodo che ha origine il senso di colpa.

 

 

 

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